API tra opportunità di mercato e rischi geopolitici

Sebbene il mercato globale dei principi attivi sia in crescita, le incognite sulle catene globali di approvvigionamento restano un fattore di preoccupazione per Unione europea e Stati Uniti

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Il mercato globale dei principi attivi farmaceutici (API) è in continua crescita: nel 2022, era valutato 222,4 miliardi di dollari e si prevede che si espanderà con un tasso di crescita annuo composto (CAGR) del 7,5% all’anno fino a sfiorare i 340 miliardi di dollari entro il 2030. Secondo gli analisti, la crescita è da attribuirsi soprattutto all’aumento della prevalenza delle malattie croniche, in particolare i disturbi cardiovascolari e i tumori.

Stando ai dati dell’Oms, se l’attuale tendenza dovesse continuare, entro il 2050 le malattie croniche – cardiovascolari, cancro, diabete e malattie respiratorie – rappresenteranno l’86% dei 90 milioni di morti ogni anno: uno “sconcertante” aumento del 90% in numeri assoluti, dal 2019. Non a caso, l’oncologia rappresenta attualmente il 35,5% della pipeline globale di ricerca e sviluppo nel settore farmaceutico.

Sebbene le proiezioni della produzione siano positive, le sfide da affrontare sono ancora molte e complesse: interruzioni della catena di approvvigionamento, aumento dei costi di trasporto, disorganizzazione e rallentamento delle linee di produzione degli API, aumento dei prezzi dell’energia e delle materie prime.

Problemi di dipendenza

La pandemia di Covid-19 ha messo in risalto la dipendenza – particolarmente evidente nella produzione di principi attivi farmaceutici – dell’Unione Europea e degli Stati Uniti dai paesi terzi, in particolare da Cina e India. Già nel 2021 il Parlamento europeo aveva lanciato l’allarme segnalando che il 40% dei prodotti farmaceutici finali commercializzati nell’UE proviene da paesi terzi, mentre il 60-80% dei principi attivi dei medicinali è prodotto in Cina e India.

Questa delocalizzazione – “tendenzialmente motivata da un tentativo di ridurre i costi“ – di parte della produzione dei componenti essenziali di medicinali, vaccini e dispositivi medici ha conseguenze dirette sul controllo delle terapie somministrate ai pazienti.

Il Parlamento ha anche fatto notare che i risparmi conseguiti grazie al trasferimento della produzione verso i paesi terzi “derivano principalmente da norme più permissive in materia di diritto del lavoro, sicurezza e ambiente”.

Le preoccupazioni europee

La perturbazione della supply chain globale causata dalla crisi sanitaria ha messo in luce quanto questa situazione sia fragile e ha indotto l’Unione europea a pianificare alcune iniziative per far fronte alle carenze di farmaci.

Nel nuovo pacchetto legislativo farmaceutico sono previsti incentivi per le aziende che forniscono regolarmente tutti i 27 Stati membri. Inoltre, in casi eccezionali di emergenza sanitaria, la Commissione Europea potrà intervenire direttamente per coordinare la produzione dei medicinali più rilevanti per la salute pubblica.

Nonostante questo, 18 Paesi dell’UE, tra cui Germania, Francia e Italia, hanno firmato un documento condiviso per chiedere alla Commissione di adottare ulteriori norme per ridurre la dipendenza dell’Unione dalle materie prime prodotte in Cina e in altri paesi asiatici.

In particolare, preoccupati per la fragilità che la filiera farmaceutica europea ha mostrato con lo scoppio del conflitto in Ucraina, i governi chiedono un meccanismo di “ultima istanza” per lo scambio di farmaci tra gli Stati membri e l’istituzione di una lista di farmaci critici la cui catena di approvvigionamento deve essere monitorata.

 

La carenza di farmaci è stata in parte causata dalla crescente monopolizzazione del mercato. “Immaginate cosa potrebbe significare una pandemia, una catastrofe naturale, una guerra o anche un difetto di produzione per la fornitura di farmaci a livello mondiale. All’interno dell’UE e con i nostri partner a livello globale stiamo studiando come garantire l’approvvigionamento.

Frank Vandenbroucke, ministro belga della Sanità e degli Affari sociali

 

Un problema che viene da lontano

Secondo il Gruppo farmaceutico dell’Unione Europea, oltre i tre quarti dei Paesi membri hanno riportato un peggioramento della carenza di farmaci nel 2022, problema che è stato acuito dall’inflazione, fattore che ha pesato soprattutto sui produttori di medicinali generici, che hanno in genere margini di profitto inferiori rispetto ai corrispondenti di marca.

I problemi attuali ha affermato il ministro belga della Sanità e degli Affari sociali, Frank Vandenbroucke, fanno parte di una tendenza più ampia: se nel 2000 l’Europa rappresentava ancora il 53% della produzione globale di principi attivi farmaceutici, nel 2020 questa cifra è scesa al 25%, e la maggior parte della produzione si è spostata verso l’Asia e in particolare verso la Cina.

I problemi posti dalla carenza dei farmaci e la necessità di rafforzare l’autonomia strategica dell’UE in questo settore rimarranno con ogni probabilità al centro del dibattito politico nei prossimi anni. Nel caso in cui a livello europeo non si definiscano interventi congiunti, Germania, Francia, Italia e Spagna hanno già presentato propri piani per riorganizzare la produzione interna, ma un’azione frammentata tra Stati membri sarebbe meno efficiente e porrebbe svantaggi per i paesi più piccoli.

In questo contesto – conclude Vandenbroucke – “la Commissione dovrebbe ora proporre al più presto una legge sui farmaci critici, sfruttando la spinta attuale ed elaborando una strategia davvero coordinata a livello continentale: non c’è più tempo da perdere”.