Salute in Italia, ancora molti nodi da sciogliere

Dal rapporto della Commissione sullo stato sanitario nel nostro Paese emergono molti elementi critici, dai problemi di spesa pubblica al peso dei rischi comportamentali, alle carenti risorse per l’assistenza residenziale (meglio, invece, i dati sulla salute mentale). Un aiuto, però, potrebbe arrivare dal PNRR

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La Commissione europea, nel suo rapporto pubblicato a settembre 2023, offre un’analisi dettagliata sullo stato di salute dell’Europa. Questo studio si basa su dati provenienti da fonti autorevoli come Eurostat, Ocse, Ecdc e Who, fornendo un quadro completo della situazione sanitaria nei Paesi dell’Unione europea. L’edizione del 2023 introduce anche una sezione dedicata alla salute mentale, nella crescente consapevolezza dell’importanza di questo aspetto.

Cattive abitudini

L’Italia, nel contesto di questo report, emerge con risultati significativi. La speranza di vita alla nascita, attestata a 83,0 anni, è la terza più elevata nell’Unione europea e segna una leggera ripresa rispetto al calo del 2020 causato dal Covid-19. Il dato risulta comunque un po’ inferiore rispetto ai livelli pre-pandemia.
Nel 2020 il Covid-19 rappresentava più del 10% dei decessi totali, tuttavia le malattie cardiovascolari e i tumori restavano al primo posto tra le cause di morte (metà dei decessi totali). Nel 2020, quindi, c’è stato un forte picco di mortalità, un eccesso che è rimasto stabile a un livello del 10% circa rispetto al periodo pre-pandemico, con un leggero aumento nel 2022, nonostante il calo dei molti decessi per Covid-19. 

Il rapporto mette in luce come circa un terzo di tutti i decessi in Italia possa essere attribuito a fattori di rischio comportamentali. Si è verificato ad esempio un aumento del tasso di tabagismo tra gli adulti, che aveva registrato un calo graduale nel decennio pre-pandemia e che è risalito tra il 2019 e il 2022 di oltre un punto percentuale. Il rapporto evidenzia anche il rischio crescente di obesità legato all’inattività fisica in adulti e bambini. Un aspetto positivo è che il consumo di alcolici, abituale o meno, tra gli italiani è risultato essere molto meno diffuso rispetto alla maggior parte degli altri Paesi dell’UE. Tuttavia, si registra un aumento tra gli adolescenti: nel 2022, il 31 % dei quindicenni italiani ha dichiarato di essersi ubriacato (era il 19% nel 2018) contro il 18% della media UE.

Spesa sanitaria in calo

Un capitolo importante di questo panorama riguarda la spesa in sanità in Italia. Nonostante una crescita del 7% nella spesa sanitaria pro capite tra il 2019 e il 2021, causata principalmente dagli sforzi per fronteggiare l’emergenza pandemica, l’Italia continua a spendere meno della media UE, sia in percentuale del Pil che a livello pro-capite. 

Nel 2021, la spesa sanitaria in Italia ha rappresentato il 9,4% del Pil, una percentuale inferiore alla media UE (11%). Nel biennio 2019-2021, la spesa sanitaria pubblica è aumentata dell’8,3% mentre la spesa sanitaria privata ha subito un calo di oltre l’1%, a causa delle interruzioni nelle cure non legate al Covid-19 erogate da operatori privati e del diverso comportamento da parte dei pazienti durante la pandemia. Come conseguenza di questa situazione, la percentuale di spesa sanitaria finanziata da fonti private (per il 90% spesa diretta delle famiglie) è scesa dal 26,3% nel 2019 al 24,5% nel 2021. Questa  percentuale resta comunque superiore alla media dell’UE, pari al 18,9%.

I dati preliminari per il 2022 indicano un calo significativo della spesa sanitaria pro capite rispetto all’anno precedente. Questo calo è attribuibile a una riduzione della spesa diretta e a un calo moderato della spesa pubblica, correlato anche alla minore incidenza delle spese legate alla Covid-19 rispetto al 2021. L’assistenza ambulatoriale e quella ospedaliera rappresentano oltre il 60% della spesa sanitaria: nel 2021 l’assistenza ambulatoriale ha costituito quasi un terzo della spesa sanitaria italiana, una quota lievemente superiore sia alla media UE sia alla quota dell’assistenza ospedaliera (29%).

La spesa per farmaci e dispositivi medici ha rappresentato un quinto della spesa sanitaria totale dell’Italia, una percentuale maggiore rispetto alla media dell’UE, ma inferiore del 20% alla media dell’UE in termini pro capite. Nel 2021, circa due terzi dell’intera spesa farmaceutica sono stati assorbiti dal consumo in ambito ospedaliero, una delle percentuali più alte tra i Paesi dell’UE.

L’Italia da tempo cerca di promuovere una maggiore diffusione dei farmaci generici tra i pazienti e la quota di mercato assorbita da questi farmaci è quasi raddoppiata nell’ultimo decennio (>27% nel 2021). Questa percentuale comunque resta nettamente più bassa rispetto ad altri Paesi dell’UE.

Per quanto riguarda il consumo complessivo di antibiotici in Italia, si rileva che negli ultimi cinque anni è diminuito a un tasso medio annuo del 6,1%. La pandemia ha svolto un ruolo importante nella riduzione del consumo di antibiotici, anche grazie alle misure di confinamento, che hanno ridotto il numero totale di infezioni. Nonostante questa significativa diminuzione dell’uso complessivo di antibiotici, il consumo in Italia resta elevato e desta preoccupazione, a causa del rischio di sviluppo di batteri resistenti. L’antimicrobico-resistenza costituisce un serio problema di salute pubblica nell’UE, con stime di circa 35 000 decessi dovuti a infezioni resistenti agli antibiotici e costi associati ad essa per l’assistenza sanitaria.

Nonostante l’Italia abbia una delle popolazioni più anziane d’Europa, la spesa per l’assistenza residenziale e semiresidenziale si è attestata al di sotto del 10% nel 2021, una percentuale inferiore di oltre sei punti percentuali rispetto alla media UE.
Nel 2021, la spesa per la prevenzione ha raggiunto una quota senza precedenti, pari al 6,8% della spesa sanitaria totale, principalmente a causa dell’acquisto di test e vaccini anti Covid-19.

Impatto della pandemia e future sfide

La pandemia di Covid-19 ha plasmato in modo significativo il panorama sanitario italiano nel 2020. La gestione efficace delle patologie croniche in ambito ambulatoriale, pur con differenza significative tra regioni, ha contribuito a mantenere bassi i tassi di mortalità per cause prevenibili. Tuttavia, le restrizioni imposte durante la pandemia hanno portato a una diminuzione dei tassi di screening dei tumori e un accumulo di procedure diagnostiche arretrate. Le attività di screening sono state completamente interrotte tra marzo e aprile 2020, per ripartire gradualmente tra maggio e giugno, con intensità però molto diversa tra regione e regione. 

Un focus particolare nel report è rivolto al personale medico e infermieristico: nel 2021 l’Italia era in linea con la media UE per densità di medici, mentre aveva una densità di infermieri inferiore alla media europea. Il rapporto medici/abitanti in Italia è aumentato negli ultimi anni, però a tutt’oggi molte regioni registrano carenze, soprattutto per quanto riguarda i medici di medicina generale. La popolazione medica italiana è tra le più anziane dell’UE e, in previsione di una riduzione del personale dovuta ai pensionamenti, si teme che l’attuale trafila del sistema di formazione del personale sanitario possa causare difficoltà. Il Governo ha intrapreso azioni importanti per migliorare questo sistema di formazione, anche tramite il Piano nazionale di ripresa e resilienza.

Salute mentale in Italia

Come nella maggior parte degli altri Paesi dell’UE, anche in Italia un numero significativo di persone ha riscontrato bisogni di assistenza sanitaria non soddisfatti durante la pandemia di Covid-19, anche nell’ambito della salute mentale. I risultati di un’indagine condotta su scala europea durante il secondo e il terzo anno della pandemia hanno rivelato che, del 15% di italiani che ha riferito bisogni di assistenza sanitaria non soddisfatti, il 16% aveva indicato bisogni insoddisfatti relativi ai servizi di assistenza di salute mentale – una percentuale importante anche se al di sotto della media dei Paesi UE.

Il peso dei disturbi di salute mentale in Italia è paragonabile alla media UE, con circa una persona su sei che ha sofferto di un disturbo mentale nel 2019. Si nota una maggiore prevalenza nella depressione tra le donne, ma con disparità di reddito più ridotte rispetto al resto dell’UE.

Secondo le stime dell’Institute for health metrics and evaluation (Ihme), oltre 9,85 milioni di persone in Italia hanno sofferto di un disturbo di salute mentale nel 2019 (il 16,6% della popolazione). I disturbi d’ansia hanno rappresentato il disagio più diffuso (6% della popolazione), seguiti dai disturbi depressivi (5%) e dai disturbi da uso di alcol e droga (2%). 

L’assistenza sanitaria mentale in Italia è gestita a livello locale attraverso dipartimenti che coordinano la fornitura di servizi. Questo sistema comprende assistenza primaria, assistenza ambulatoriale e ospedaliera: un approccio multifase che mira a fornire una gamma completa di servizi per affrontare le diverse esigenze legate alla salute mentale.

Sul fronte del suicidio – che in Italia provoca più di 3.500 vittime l’anno ed è più diffuso tra gli uomini – il tasso di suicidi nel nostro Paese corrisponde a circa la metà del tasso medio dell’UE. Questo suggerisce che, nonostante le sfide legate alla salute mentale, l’Italia abbia implementato strategie efficaci per prevenire il suicidio e gestire le crisi mentali. I farmaci antidepressivi rappresentano il 3,5% di tutti i farmaci utilizzati in Italia nel 2022, con un consumo quotidiano di circa 45,8 dosi giornaliere per 1000 abitanti, uno dei livelli più bassi dell’UE. Dal 2017 al 2022, il consumo di antidepressivi in Italia è aumentato del 2,4% all’anno – un aumento modesto rispetto alla media dell’Unione europea, dove i livelli di consumo sono il doppio che in Italia. La gestione della salute mentale in Italia rappresenta un modello organizzato e stratificato, con un’enfasi sulla copertura completa dei servizi e la riduzione delle disparità legate al reddito.

Il ruolo del PNRR

Il rapporto della Commissione europea offre uno sguardo approfondito sullo stato di salute dell’Italia nel 2023, evidenziando sfide e successi. Mentre il Paese affronta questioni cruciali, come la sostenibilità del sistema sanitario e la gestione dei fattori di rischio comportamentali, il Piano nazionale di ripresa e resilienza si configura come una risposta strategica per affrontare le sfide future nel settore della salute (figura2). Nel capitolo di bilancio del PNRR dedicato alla sanità, più di un terzo è destinato a sostenere la trasformazione digitale dei servizi sanitari, un quarto sarà utilizzato per rinnovare e modernizzare le apparecchiature ospedaliere, il 18% sarà destinato a rafforzare ambulatori e ospedali di comunità. Il 4% di questo bilancio, infine, sarà utilizzato per finanziare programmi di formazione specialistica post-laurea per preparare preparare 2.700 medici di base e 4.200 medici specialisti.