Il futuro della medicina ha bisogno di giovani talenti

Malgrado i successi già ottenuti dalle terapie avanzate, la complessità dei meccanismi è ancora poco conosciuta e questo limita l’avvicinamento di giovani potenzialmente interessati a crescere professionalmente in questo settore Monica Torriani

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Una cell factory è un’officina farmaceutica autorizzata alla produzione di farmaci per terapie cellulari. Questi trattamenti rientrano nella famiglia speciale degli Atmp (Advanced therapy medicinal product), insieme ai farmaci per terapia genica e ai prodotti per la tissue engineering. Le terapie cellulari utilizzano una preparazione a base di cellule o tessuti manipolati in laboratorio al fine di far loro assumere le caratteristiche terapeutiche richieste. Sono parte della medicina rigenerativa, branca della medicina finalizzata alla sostituzione di tessuti danneggiati.

Malgrado gli strabilianti successi ottenuti dalle terapie avanzate in un numero di anni relativamente esiguo, il pubblico conosce ancora poco dei loro meccanismi di produzione e della rigida struttura normativa che ne regola le procedure. Questo rappresenta un fattore limitante nell’approccio di giovani interessati a una crescita professionale in questo ambiente.

Allo scopo di dare spazio alle testimonianze dei professionisti e diffondere la conoscenza di questo campo, NCNBio (società specializzata nel trasferimento tecnologico industriale nel settore biotech) ha organizzato nei mesi scorsi una serie di webinar dal titolo “Dal red biotech nuove professioni per i giovani”. MakingLife ha avuto ruolo di media partner di questi eventi, realizzati in collaborazione con l’Università degli Studi di Pavia, il Molecular biotechnology center dell’Università degli Studi di Torino e l’Associazione biotecnologi italiani.

Il manufacturing delle CAR-T

La storia delle terapie CAR è recentissima, anche se affonda le sue radici in un’instancabile opera di ricerca che si è svolta in decenni. La prima terapia cellulare approvata in Italia è stata, nel 2019, tisagenlecleucel, indicata per il trattamento della leucemia linfoblastica acuta a cellule B in una particolare categoria di pazienti. Le CAR-T risultano particolarmente mirate al trattamento di patologie tumorali in cui le cellule cancerose esprimono un antigene specifico, al quale il recettore CAR può legarsi. 

Dal 1993, anno in cui è stato pubblicato il primo articolo su questi strumenti innovativi di terapia, i passi avanti della tecnologia sono stati sorprendenti. Sostenuti dai forti bisogni medici insoddisfatti, hanno permesso la realizzazione di terapie sempre più sofisticate, efficaci e sicure. 

La normativa

Prima del 2007, anno che segna uno spartiacque nell’evoluzione delle terapie avanzate, esistevano comunque trattamenti che prevedevano la reinfusione di cellule nei pazienti. Queste terapie venivano prodotte in ambienti controllati, gli antesignani delle attuali cell factory. 

L’introduzione del Regolamento europeo 1394/2007 “Norme dell’Unione europea per nuovi medicinali a base di geni e di cellule” ha permesso la definizione dei concetti chiave per la distinzione fra le diverse tipologie di cellule impiegate a scopo terapeutico nell’uomo, chiarito cosa si intende per terapia avanzata e classificato questi trattamenti innovativi fra i prodotti farmaceutici medicinali. Quest’ultimo aspetto ha sancito l’obbligo di una produzione delle terapie avanzate in Gmp.

In particolare, le terapie prodotte nelle cell factory sono costituite da elementi cellulari, come tali non sottoponibili a processi di sterilizzazione, come avviene per altri prodotti farmaceutici. Pertanto, al fine di garantire l’assenza di contaminazione, il processo deve avvenire in condizione di asepsi (generalmente nell’ambito di una clean room) seguendo le Norme di buona fabbricazione. 

Sulle Gmp per questo tipo di trattamenti è stata pubblicata nel 2018 una linea guida specifica, anch’essa determinante per lo sviluppo in questo settore. 

Sostenibilità economica

Data la complessità delle strutture e delle procedure coinvolte nella messa a punto di questi trattamenti, è facile immaginare anche la dimensione dei costi associati. Uno dei sistemi organizzativi su cui si è puntato per ridurre i costi ingenti è il modello Hub & Spoke. Tale paradigma implica lo spostamento dei siti produttivi direttamente presso gli ospedali che ne faranno utilizzo (subordinato alla formazione specialistica del personale coinvolto) e il ricorso a strumentazioni semi-automatizzate che semplifichino l’iter produttivo. 

Ma, parlando di frontiere dell’innovazione, non si può fare a meno di pensare al modello statunitense, centrato attorno alla collaborazione fra istituzioni accademiche e industria, che ha avuto un ruolo determinante nello sviluppo della terapia cellulare. Un modello che difficilmente, si potrebbe applicare come tale in Europa, prevalentemente per i limiti imposti dal sistema regolatorio vigente. In Usa e Canada, infatti, gli studi di fase 1, ovvero la fase della sperimentazione che registra il tasso maggiore di fallimenti, sono condotti con modalità non Gmp. Questo permette di limitare gli investimenti, attraendo capitali più interessanti.  

Ma gli step iniziali non sono gli unici a risentire di un regolatorio attento ma a tratti severo. Molte cell factory che operano nel settore chiedono che sia concessa più flessibilità in merito alle modifiche sulle stanze di produzione. Questo permetterebbe di rendere gli ambienti più versatili ed estendere le applicazioni a diverse tipologie di produzione, abbattendo le complessità e i costi associati. 

Un ulteriore punto cruciale ai fini della sostenibilità economica è rappresentato dal rimborso. L’aderenza stretta a un bisogno clinico non intercettato da altre soluzioni terapeutiche, l’assenza di alternative valide è la condizione principale per puntare alla rimborsabilità.

L’environment

Se la formazione accademica è importante, lo è anche il collegamento con il mondo dell’impresa, che potrebbe essere efficacemente coinvolto dalle università in progetti virtuosi per entrambi i mondi. La scalabilità è un altro aspetto su cui puntare l’attenzione. Nella transizione verso scale di produzione più ampie, si devono verificare passaggi chiave che comportano un incremento del batch size, il potenziamento dell’automazione e la compressione dei costi. È a questo punto che deve intervenire l’industria, favorendo la creazione di siti produttivi accademici e promuovendo la formazione di personale specializzato e l’automatizzazione dei processi produttivi, nell’ottica della semplificazione.

Di pari passo, occorre strutturare un network solido fra gli stakeholder coinvolti, che permetta loro di mettere a fattor comune risorse economiche, professionalità e infrastrutture. Oggi, nell’ottica dell’accelerazione del tempo di latenza delle prime fasi di sviluppo, il modello di maggior successo prevede iniziative di decentramento. A differenza di quanto accadeva in passato, l’industria non punta più sulla creazione interna di infrastrutture finalizzate alla produzione di elementi innovativi, ma decentra in outsourcing o ad asset dedicati il raggiungimento di questi obiettivi. 

Vista la complessità di tali iniziative, gli esperti avvertono della necessità di partire con le idee chiare, con un progetto lineare e solido, una soluzione compatibile con una gestione medica semplice. Tutti presupposti essenziali per attrarre investimenti e portare a termine il progetto. 

Per quanto riguarda la protezione intellettuale, l’importanza è chiara ma, rispetto a ciò che avviene in altri settori dell’innovazione scientifica e tecnologica, secondaria rispetto al know how, che costituisce la vera conditio sine qua non per la realizzazione di queste terapie. 

La formazione

Quali sono, dunque, le caratteristiche fondamentali per un professionista che vuole intraprendere un percorso nella produzione di terapie cellulari? Gli esperti presenti in occasione dei webinar NCNBio-MakingLife hanno tracciato una descrizione che comprende anzitutto dedizione alla materia e al lavoro. Occorre infatti essere focalizzati, in questa più che in altre occupazioni. In secondo luogo, risulta determinante il fatto di avere un’ottima capacità di lavorare in compliance alle regole e alle procedure. Possedere un buon background di ricerca non è obbligatorio, ma può fare la differenza: solo con una buona conoscenza delle dinamiche specifiche del settore è possibile operare scelte professionali oculate.

Risulta anche fondamentale un intervento di modifica dei corsi di laurea. Facoltà come biologia, biotecnologie, farmacia e medicina dovrebbero inserire nei loro programmi anche esami su Atmp e materie regolatorie, in particolare sulla produzione in Gmp. Occorre, infatti, mettere a disposizione dei giovani strumenti utili perché possano scegliere. 

Molti ragazzi sono appassionati di queste materie ma non conoscono affatto il settore delle terapie avanzate, pensano che i professionisti che vi lavorano siano puri tecnici. In realtà, è importante veicolare il messaggio che quello tecnico è solo uno degli aspetti di questo lavoro. Inutile ribadire l’importanza di stabilire scambi virtuosi fra accademia e impresa. Si tratta, come noto, di realtà che perseguono finalità diverse ma che devono essere viste in un’ottica di integrazione e complementarietà. 

Con questa serie di webinar abbiamo voluto realizzare un vero e proprio viaggio nelle Cell Factory italiane di terapia cellulare e genica, per scoprirne l’evoluzione nella medicina rigenerativa.
La chiave di comprensione di questo mondo è nella testimonianza dei gruppi di ricerca che hanno valorizzato i loro progetti trasformandoli in prodotti che rappresentano la punta più innovativa dei farmaci biotech. Prodotti che stanno rivoluzionando il manufacturing con risvolti occupazionali nuovi e inaspettati per i giovani.

Maria Luisa Nolli – Co Founder e CEO NCNBio 

Il modello Holoclar

Il primo prodotto a base di cellule staminali approvato in Europa è frutto di un lavoro completamente italiano. La sua storia si dipana negli anni, come ha raccontato nel corso dei webinar NCNBio-MakingLife Graziella Pellegrini, responsabile del programma di terapia cellulare UniMoRe, alla guida del team che ha sviluppato il progetto. 

La potenza delle cellule staminali può essere efficacemente utilizzata per le applicazioni personalizzate della medicina rigenerativa. A partire dal 1987 la pubblicazione di articoli incentrati su queste soluzioni ha cominciato a fiorire. Una crescita inarrestabile, che non ha subito rallentamenti neppure a fronte delle difficoltà imposte dall’introduzione delle linee guida Gmp. La storia di questa avventura è nata dal forte unmet medical need dei pazienti affetti – a causa di traumi, incidenti o patologie – da un grave disturbo visivo, il deficit di tessuto limbare corneale. L’assenza di cellule staminali corneali che caratterizza tale malattia pregiudica, infatti, la riuscita del trapianto di cornea. All’epoca non vi erano neppure soluzioni terapeutiche alternative. 

Da qui l’idea di sviluppare una soluzione basata sulla tissue engineering, su meccanismi di ricostruzione e rigenerazione. La prima pubblicazione in merito al progetto CLET di trapianto di cellule coltivate (Cultivated limbal epithelial transplantation) è apparsa su The Lancet nel 1997. Fra il 1997 e il 2001 è stato sviluppato il primo manufacturing, che è stato in seguito aggiornato dal punto di vista delle Gmp al fine della sua approvazione come terapia. 

La procedura si basa sul prelievo di tessuto corneale dall’occhio sano del paziente; tessuto che viene trasferito in ambiente specifico per l’estrazione di tutte le cellule contenute. Queste vengono, a loro volta, esposte a un microambiente caratterizzato dalla presenza di fattori di crescita e ormoni specifici. Lo scopo finale è la selezione di cellule epiteliali, che vengono impiegate per ricostruire la cornea. 

Il primo trattamento a base di cellule staminali è stato approvato con il nome Holoclar. Ha ottenuto la designazione di farmaco orfano nel 2008 e il suo iter autorizzativo è proseguito fino all’approvazione, concessa nel 2015.

La forte interazione, anche culturale, fra l’ambiente accademico di UniMoRe e Holostem, la società produttrice di questa terapia (spin-off della medesima università), ha portato alla realizzazione del Centro di medicina rigenerativa (CMR) e all’ottenimento di questo risultato storico.

Questo paradigma ha aperto la strada a molte altre iniziative e ad applicazioni per la ricostruzione di altri epiteli, con la realizzazione di trattamenti sempre più sofisticati. Il modello Holoclar è dunque la dimostrazione che il trasferimento tecnologico delle terapie avanzate è possibile, che la loro produzione è scalabile e che è possibile lavorare in compliance con la normativa europea.