In campo farmaceutico la stampa 3D è una tecnica promettente e gli studi in merito si susseguono. Un gruppo di ricercatori del Dipartimento di Chimica e Ingegneria Ambientale dell’Università dei Paesi Baschi ha deciso di approfondire l’influenza di uno dei più comuni eccipienti farmaceutici, l’amido, sulla cinetica di rilascio di farmaci ottenuti tramite stampa 3D contenenti principi attivi idrofobici. Le scoperte, pubblicate sull’International Journal of Pharmaceutics, concorrono a dimostrare quanto lo scenario aperto da questa tecnica sia vasto e promettente.
C’è amido e amido
Il gruppo si è concentrato su tre tipi di amido: di patata, di mais normale e di mais ceroso, particolare varietà della pianta che produce un amido a elevato contenuto di amilopectina. Le principali macromolecole che compongono l’amido sono infatti amilopectina e amilosio. La loro proporzione varia in base alla pianta considerata. Nell’amido di patata e di mais normale il contenuto di amilopectina si attesta tra il 70% e l’80%, mentre in quello ceroso supera il 99%.
Entrambi polisaccaridi, la differenza tra amilosio e amilopectina risiede nella loro struttura. L’amilosio è infatti un polimero lineare, mentre l’amilopectina possiede una struttura ramificata, che facilita la gelificazione grazie alla formazione di numerosi legami a idrogeno.
Questa caratteristica potrebbe essere rilevante nel momento in cui l’amido viene scelto come eccipiente per la realizzazione di compresse attraverso la stampa 3D. Oltre infatti alla possibilità di ottenere un prodotto con una forma e una consistenza ben precisa, la differente struttura della compressa può influenzare la sua cinetica di rilascio.
Influenza dell’amido sulla struttura
Attraverso differenti analisi di laboratorio e con l’ausilio di un’apposita stampante, innanzitutto i ricercatori hanno potuto dimostrare che è possibile ottenere compresse attraverso la stampa 3D con tutte e tre le tipologie di amido. Il principio attivo scelto è stato l’ibuprofene, molecola idrofobica che pone quindi maggiori sfide a livello di rilascio controllato. Per la restante parte la compressa è stata prodotta con solo amido.
Inoltre il gruppo ha osservato che la temperatura di gelificazione cambia a seconda della tipologia di amido utilizzata. Anche la struttura microporosa della compressa è risultata differente in base al tipo di amido e così il comportamento in caso di compressione e la tendenza al rigonfiamento.
In particolare le compresse stampate con l’amido di mais normale hanno mostrato una morfologia porosa indefinita e strutturalmente instabile. Al contrario le compresse prodotte con amido di mais ceroso e di patata possedevano una struttura porosa ben definita che ha rivelato una buona resistenza a lungo termine durante l’immersione. L’amido di patata tuttavia risulta più difficile da utilizzare nel processo di stampa, poiché tende a ostruire gli ugelli a causa della sua elevata viscosità.
Conseguenze sulla cinetica di rilascio
Viste le differenti caratteristiche delle compresse di amido contenenti ibuprofene prodotte con la stampa 3D, il gruppo ha deciso di testare i loro profili di rilascio. Il farmaco costituito da amido di mais normale è quello che si è sciolto più velocemente, rilasciando il principio attivo immediatamente e sciogliendosi completamente in 10 minuti. Le compresse formate da amido di mais ceroso e amido di patata invece hanno rilasciato l’ibuprofene molto lentamente, concludendo il processo in 6-7 ore.
I ricercatori hanno quindi valutato la possibilità di mescolare le tre tipologie di amido per ottenere farmaci con differenti profili di rilascio. Combinando diversi amidi e diverse geometrie, infatti, i ricercatori sono riusciti a ottenere compresse che riescono a rilasciare il principio attivo in due fasi. Inizialmente si ha il rilascio veloce della molecola contenuta nella parte costituita da amido di mais normale, che si scioglie per prima. Successivamente la lenta disintegrazione della parte costituita da amido di mais ceroso o amido di patata consente un rilascio prolungato.
Questi dati sono molto promettenti nell’ottica di produrre farmaci versatili che si adattino alle esigenze dei diversi regimi terapeutici. La stampa 3D infatti si sta rivelando una via percorribile per produrre farmaci personalizzati, che aumentino l’aderenza terapeutica e diminuiscano gli effetti avversi.
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