Startup e big pharma, un incontro possibile

La collaborazione tra piccole imprese innovative e grandi aziende farmaceutiche può rivelarsi estremamente fruttuoso per i partecipanti e l’intero settore ma richiede di conciliare il desiderio di novità con le necessità del mercato

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Startup e big pharma
Big business helping small business as a financial and corporate support metaphor as a huge ship providing assistance to a small paper boat as a symbol for investment or economic funding of smaller companies with 3D illustration elements.

Piccole realtà dal sapore innovativo pronte a portare avanti idee originali. Grandi compagnie con esigenze ben definite che devono fare i conti con competitor e fattibilità economica. Apparentemente l’incontro tra startup e big pharma può sembrare un miraggio. Invece, sintonizzarsi sulla stessa lunghezza d’onda non solo è possibile, ma anche desiderabile per ottenere collaborazioni di successo e guardare insieme a un futuro fatto di innovazione e digitalizzazione.

Startup, l’innovazione nel cuore

La definizione di startup e le sue caratteristiche costitutive inquadrano questo tipo di impresa in modo piuttosto preciso. Secondo la normativa italiana di riferimento, infatti, una startup deve essere una realtà nuova, con meno di cinque anni di vita, e non risultare da una fusione, scissione o cessione aziendale. Inoltre, non può essere quotata in un mercato azionario, né distribuire utili, e il suo fatturato deve mantenersi sotto i cinque milioni di euro. Infine, il contenuto dell’iniziativa deve essere ad alto valore tecnologico: che si tratti di sviluppo, produzione o commercializzazione, il prodotto o servizio intorno a cui si costruisce l’attività deve rappresentare una vera novità.

Ma, per essere realmente considerata innovativa, una startup deve rispettare anche altri criteri:

  • impiegare personale altamente qualificato,
  • possedere almeno un brevetto o un software registrato,
  • investire considerevolmente in ricerca e sviluppo.

Tante regole, quindi, che permettono di inquadrare con precisione una tipologia di azienda ma anche di accedere a molte agevolazioni, non solamente in materia fiscale. Infatti, come ha sottolineato Maria Luisa Nolli durante la sessione del Simposio AFI 2021 dedicata a queste realtà, in Italia oggi ci sono condizioni molto favorevoli allo sviluppo delle startup. Inoltre i tempi non potrebbero essere più maturi, visto anche che il loro riconoscimento da parte delle grandi aziende produttive come punto di partenza del processo che dall’idea conduce al prodotto finito e alla commercializzazione è ormai avvenuto.

Ed è proprio con le grandi imprese che spesso le startup cercano una collaborazione che permetta di amplificare la portata delle loro idee. I benefici di queste unioni di intenti possono essere grandi in termini di innovazione e digitalizzazione del settore, a patto però che il desiderio di novità riesca a integrarsi con le necessità di mercato e fatturato. A patto, insomma, che startup e big pharma riescano a parlare la stessa lingua.

Le necessità delle grandi imprese

Il mercato farmaceutico è molto competitivo e regolamentato e le aziende produttive lo sanno bene. Anche se il settore ha connotati fortemente innovativi, non sempre le aziende hanno la possibilità o la volontà di investire in ricerca e sviluppo. Certo la pandemia ha spostato l’attenzione di grandi e piccole imprese dal mercato all’R&D, come dimostrato da un’indagine condotta da Deloitte su 60 aziende tra marzo e aprile 2020, in piena emergenza Covid-19. Tuttavia non è sempre conveniente o necessario farlo con risorse interne.

Per le aziende, infatti, rivolgersi all’esterno può essere importante. Ed è qui che le startup innovative entrano in gioco. Come ha spiegato Alessandro Maiocchi, responsabile dell’Innovation hub di Bracco, al giorno d’oggi nessuna compagnia, pur grande che sia, può permettersi di evitare il confronto con l’esterno. Le startup, in particolare, possono suggerire visioni di come diventerà il mondo dell’healthcare nel prossimo futuro, proprio grazie alla loro natura giovane e innovativa, conferendo vantaggi sia alle aziende che dovessero puntare su di loro, sia all’intero settore.

Un punto di vista condiviso da Roche e Novartis. Infatti, come raccontano Alice Zilioli – che si occupa di open innovation in Roche – e Laura Antonioli e Ottavia Barboni – impegnate nei progetti di innovazione di Novartis – anche le due multinazionali svizzere tengono gli occhi puntati sulle startup ormai da diversi anni.

L’incontro con le realtà innovative è quindi spesso caldeggiato dalle grandi imprese, ma non per questo si tratta di un’operazione semplice. Il carattere commerciale delle aziende, le loro necessità di fatturato e di incontrare le esigenze del mercato potrebbero infatti sposarsi male con il desiderio di innovazione tout court. Allo stesso tempo, una startup deve possedere precisi requisiti per trovare il consenso delle grandi compagnie.

A caccia di startup

Le grandi compagnie farmaceutiche comunque non aspettano passivamente che le startup si facciano avanti. Negli ultimi anni i progetti di open innovation si sono infatti moltiplicati anche nel nostro Paese, e le strategie messe in atto dalle aziende per andare a caccia di startup sono numerose:

  • scouting costante del panorama innovativo, che aiuta a non farsi sfuggire le novità più interessanti per soddisfare i bisogni dell’azienda;
  • network di angels, che indicano all’impresa le startup più promettenti su cui puntare;
  • call for startup, piattaforme dedicate che periodicamente lanciano selezioni con obiettivi specifici;
  • veri e propri incubatori, reti di hub e campus di innovazione che permettono alle startup di ricevere finanziamenti, supporto tecnico e a volte anche di approfittare delle strutture di proprietà dell’azienda.

Questa profusione di impegno e risorse non può che dimostrare il vantaggio che le imprese traggono dall’individuazione della startup giusta. Le aziende prevedono infatti veri e propri percorsi di incubazione, accelerazione e sviluppo per le startup che riescono a entrare nella loro orbita. Ma chiedono anche qualcosa in cambio: grande flessibilità e disponibilità a incontrare i bisogni aziendali.

Cosa succede quando finalmente la sintonizzazione avviene e la collaborazione può avere inizio? Nella migliore delle ipotesi potrà esserci un’acquisizione o la co-proprietà di una soluzione completamente sviluppata, ma esiste anche la possibilità che non si arrivi al risultato sperato. Maria Luisa Nolli, infatti, ha ricordato come le startup siano avventure: avventure di successo, ma anche avventure che affrontano mari agitati prima di arrivare a un porto sicuro o che possono concludersi con un fallimento. Questo però non deve spaventare, ma dare nuova energia per rialzarsi e provare di nuovo a innovare, a beneficio dell’intero settore e, naturalmente, dei pazienti.

C’è una sola occasione per fare una buona prima impressione

Le aziende hanno le idee abbastanza chiare su quello che vorrebbero sentire dalla startup ideale. Chiarezza e concretezza, ad esempio, sono gradite nel momento in cui si presenta il proprio progetto a un’azienda, mentre la flessibilità è una delle caratteristiche cruciali per la buona riuscita della collaborazione.

Ecco le dieci regole per una presentazione perfetta:

  1. Descrivere il team di lavoro: nelle startup innovative il personale è per la maggior parte altamente qualificato, quindi conoscere le competenze che ciascuno offre al progetto ha una particolare rilevanza per l’azienda che si intende coinvolgere.
  2. Chiarire il problema che si vuole risolvere: per le aziende è molto utile capire da subito l’ambito in cui si colloca la soluzione proposta, per avere un’idea del valore intrinseco del progetto.
  3. Definire il pubblico a cui ci si rivolge: individuare la categoria di pazienti che potrà trarre beneficio dal progetto può aiutare l’impresa a trovare eventuali aderenze con gli obiettivi aziendali.
  4. Descrivere il mercato in cui ci si muove: conoscere l’andamento del mercato e i competitor è utile per l’azienda a cui ci si presenta, soprattutto se non opera esattamente nello stesso ambito.
  5. Definire le modalità di collaborazione: chiarire questo punto, magari anche suggerendo possibili innesti con le strategie aziendali e con i prodotti già esistenti, è importante per aiutare le aziende a inquadrare meglio il progetto e le ambizioni della startup.
  6. Dare rilievo al valore economico del progetto: non tutte le idee nuove e interessanti arrivano sul mercato e diventano redditizie, quindi un nuovo progetto deve saper dimostrare la propria fattibilità, soprattutto economica.
  7. Fornire dati di efficacia: in un settore regolamentato come quello dell’healthcare poter dimostrare l’efficacia del progetto, anche con dati preliminari, è un valore aggiunto.
  8. Produrre materiale informativo chiaro e completo: i documenti forniti dalle startup passeranno di mano in mano attraverso diverse funzioni aziendali, quindi devono essere chiari e trasversali.
  9. Chiarire il proprio stadio di sviluppo: il viaggio nei circuiti delle grandi compagnie farmaceutiche di una startup matura, che necessita solo di un’accelerazione, è molto diverso rispetto a quello di una early stage, in cui c’è la necessità di costruire insieme un vero e proprio percorso.
  10. Essere flessibili: per le aziende è importante che la startup sia disponibile ad aderire agli obiettivi aziendali e sia pronta ad adattare il progetto alle esigenze dei propri pazienti.

Riferimenti

  • D.L. 179/2012.
  • Ford J, Blair A, Naaz B, Overman J, Biopharma leaders prioritize R&D, technological transformation, and global market presence. Deloitte. 2020.
  • AFI, Simposio AFI 2021 – sessione startup. Novembre 2021.

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