Tecniche di produzione digitale al servizio del pharma e della nanomedicina

Lo statunitense Joseph De Simone illustra alcune applicazioni delle tecniche digitali in campo medico e farmaceutico durante la sessione del Simposio AFI 2021 dedicata alla nanomedicina

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Tra le tecnologie che possono dare il loro contributo alla nanomedicina e al settore farmaceutico ci sono anche quelle che provengono dal mondo del digitale. La descrizione di alcune tecniche innovative, nell’ambito del Simposio AFI 2021, spetta allo statunitense Joseph De Simone, professore presso i Dipartimenti di Radiologia, Ingegneria Chimica e Chimica e presso la Graduate School of Business della Stanford University. A introdurlo è Paolo Caliceti, presidente di Adritelf e direttore del Dipartimento di Scienze Farmaceutiche e Farmacologiche presso l’Università di Padova.

Dalla microelettronica alla farmaceutica

Il primo argomento affrontato da De Simone sono le applicazioni della tecnologia PRINT. Si tratta di una tecnica presa in prestito dall’elettronica di precisione, che ha rivelato uno stupefacente potenziale anche a livello farmaceutico. Grazie a questa tecnologia, infatti, è possibile progettare e replicare in serie particelle biocompatibili di dimensioni nanometriche o micrometriche con forme e proprietà chimiche specifiche ad un costo contenuto. In questo modo la metodologia PRINT unisce l’uniformità e la precisione tipiche delle produzioni elettroniche alla specificità richiesta dal settore farmaceutico.

L’approccio si basa sui principi della litografia. Uno stampo con una serie di cavità della forma prescelta viene accoppiato a uno strato di polimero liquido dalle caratteristiche desiderate, che riempie le cavità. Dopo asciugatura, lo stampo viene fatto aderire a una base in materiale idrosolubile che lega il polimero contenuto nelle cavità. Rimosso lo stampo, le particelle rimangono ancorate alla base, ma è sufficiente l’immersione in acqua per far dissolvere il materiale idrosolubile e raccoglierle.

Grazie alla sua flessibilità, la tecnologia PRINT permette di ottenere particelle idonee a molti utilizzi. Ad esempio è possibile produrre particelle in idrogel che imitano le caratteristiche dei globuli rossi e che per questo sono in grado di rimanere in circolo a lungo. Oppure particelle biocompatibili capaci di penetrare nelle cellule e di degradarsi in modo controllato in condizioni acide, utilizzabili in diversi ambiti tra cui quello chirurgico e quello del rilascio di farmaci. Ma questa tecnologia può trovare applicazione anche nello sviluppo dei vaccini e nel miglioramento dell’efficacia delle preparazioni farmaceutiche.

La stampa 3D digitale nella nanomedicina

La stampa 3D ha numerose applicazioni in campo farmaceutico e anche la nanomedicina può sfruttare questa recente tecnologia. In particolare, De Simone descrive come la tecnica di stampa 3D denominata CLIP (Continuous Liquid Interface Production) rappresenti una novità interessante, poiché permette di ottenere prodotti molto piccoli e dettagliati con velocità di stampa elevate.

Tra i prodotti che possono essere ottenuti con la CLIP, De Simone si sofferma sui microaghi, che aprono un ventaglio di opportunità rispetto alle classiche iniezioni. Grazie alla tecnologia CLIP è possibile infatti produrre microaghi di soli 20 micrometri e di svariate forme, oltre che in diversi materiali. Ad esempio la possibilità di avere microaghi biocompatibili che si dissolvono nel corpo dopo l’iniezione è particolarmente interessante. In questo modo è infatti possibile controllare la cinetica di rilascio e agire quindi sull’efficacia del trattamento.

Gli esempi portati da De Simone sono piattaforme flessibili che possono incontrare le esigenze più diverse. E dimostrano che la fusione tra digitale, farmaceutica e nanomedicina può essere molto fruttuosa.

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