Il gap assessment come strumento per valutare l’impatto dell’Annex 1

In attesa della pubblicazione definitiva della nuova versione dell'Annex 1, nel simposio AFI 2021 si parla della valutazione dell'impatto del documento sulle strutture delle aziende produttrici di farmaci sterili

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La nuova versione dell’Annex 1 promette di introdurre molte novità per le aziende produttrici di farmaci sterili. A chiudere la sessione del simposio AFI 2021 dedicata alla produzione è la presentazione di Lorenzo De Feo, validation manager in Recipharm, che punta l’attenzione sul gap assessment come strumento per valutare gli impatti del documento sulle strutture produttive e non solo.

Cambiamenti all’orizzonte

La versione numero 12 dell’Annex 1 delle GMP europee verrà pubblicata entro la fine del 2021. La bozza però è stata resa disponibile già a febbraio 2020, sollevando numerose perplessità e dando inizio a una cooperazione tra EMA e le organizzazioni farmaceutiche europee volta a revisionare il documento. L’esito di questo lavoro tuttavia è incerto e cominciare a fare una valutazione dell’impatto che l’Annex 1 così com’è avrebbe sulle proprie strutture è d’obbligo.

La bozza della nuova versione dell’Annex 1 prevede infatti impatti a tutto tondo. Oltre a riguardare direttamente gli impianti di produzione, le modifiche suggerite dal documento coinvolgono anche la gestione del personale, il sistema qualità e quello di monitoraggio, il design di processo.

Per valutare al meglio quali aree della propria azienda saranno impattate e in che modo, De Feo propone allora un approccio basato sul gap assessment. Questo strumento unisce la logica del risk assessment all’analisi del documento, permettendo così di individuare le mancanze rispetto ai requisiti dell’Annex 1.

Gap assessment

Ma l’utilità del gap assessment non si ferma qui. L’analisi infatti coinvolge anche le azioni mitiganti già in atto o da implementare, individua chi sarà responsabile della loro attuazione e le tempistiche previste. Inoltre l’assessment va eseguito come lavoro di squadra, da un team trasversale rispetto alle funzioni aziendali, e deve poi confluire in una CCS (Contamination Control Strategy). I cambiamenti previsti infatti non dovranno causare contaminazioni che possano influenzare il processo, la cui sterilità deve sempre essere garantita.

Una volta individuati i gap, quindi, si assegna loro una criticità, in base all’urgenza e all’importanza della variazione da attuare. Ogni gap viene poi classificato a seconda di ciò che sarà necessario per colmarlo: ad esempio un incremento del budget, l’acquisto di materiali, lo spostamento o l’assunzione di risorse umane.

A questo punto è possibile definire quali gap verranno risolti nel breve periodo, quali nel medio e quali invece necessitano di un tempo più lungo per essere gestiti in modo efficace. Una volta conclusa l’analisi dei gap è infine possibile stabilire i compiti delle persone coinvolte e preparare un vero e proprio piano di implementazione.

Dalla teoria alla realtà

L’esempio di applicazione del gap assessment illustrato da De Feo riguarda la sostituzione di bandelle/carter con open RABS (Restricted Access Barrier System) in una clean room. L’impatto di un simile cambio è complesso poiché, oltre alle strutture vere e proprie, coinvolge anche il design dell’intero locale. Da valutare sono infatti anche le ripercussioni dei cambiamenti sui flussi d’aria e sui sistemi di filtrazione.

Innanzitutto si è condotto uno studio di fattibilità con sopralluogo della società incaricata dei lavori e valutazioni tecniche e di operatività di processo. Dopodiché si è passati alla progettazione di tutte le modifiche necessarie. La terza fase ha quindi previsto l’implementazione vera e propria delle modifiche, seguita dalle necessarie validazioni. Questa fase è piuttosto lunga e complessa. Oltre a validare le nuove strutture, è necessario infatti ripetere la convalida delle strutture preesistenti che hanno subito delle modifiche. Infine l’ultimo, importante, passaggio: la sottomissione regolatoria, con conseguente visita ispettiva.

La durata di ogni fase del processo è molto variabile. Si passa dai pochi giorni necessari allo studio di fattibilità fino all’incognita della sottomissione regolatoria e dell’ispezione. Inoltre bisogna considerare che, nel caso in cui siano impattati più reparti e si voglia garantire la business continuity, è impossibile agire contemporaneamente su tutti i fronti. Proprio come nell’esempio di De Feo, in cui si è scelto di lavorare in un’ottica pluriennale. Una tempistica molto diversa da quella finora prevista dalla bozza dell’Annex 1 per l’attuazione dei requisiti.

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